LE OPERE

CRISTO FLAGELLATO

Così descrive il Prof. Mario Guilla l’affresco,  nel libro “Espressioni della pietà popolare in Vercelli” [1]

“”Cristo, in posizione frontale ed in atteggiamento di paziente sofferenza, è affiancato da due aguzzini intenti a flagellarlo. Tutto il corpo di Cristo è cosparso di ferite sanguinanti, stille di sangue fluiscono anche dalla fronte lacerata dalla corona di spine. I due uomini che colpiscono Gesù sono raffigurati con espressioni cariche di livore, gli abiti che indossano sono di forma contemporanea all’epoca in cui venne dipinta l’opera. L’aguzzino di destra ha la fronte ed i capelli cinti da una benda annodata alla nuca: quello di sinistra porta un copricapo calato sulla fronte e, per sottolineare una caricaturale scompostezza, ha le “brache” cascanti oltre le ginocchia.

La scena si svolge in un ambiente architettonico compreso tra il pavimento, a formelle regolari, ed il soffitto a cassettoni. Sia la connessura tra le formelle che il disporsi dei cassettoni seguono un disegno prospettico con punto di fuga centrale.

L’affresco è databile tra la fine del XV secolo e i primi decenni del XVI.                                                                         

L’opera venne già considerata ampiamente nel catalogo delle opere d’arte di Vercelli (edito, dall’allora Ministero dell’educazione nazionale, nel 1935), curato da Anna Maria Brizio, che l’attribuisce ad un pittore di scuola vercellese, vagamente prossimo ai modi di Giovanni Martino Spanzotti, attivo a Vercelli dal 1481 al 1498.

Nello stesso catalogo è riprodotta una fotografia che offre, oggi,   la testimonianza visiva del grave degrado in cui versava l’affresco. Nella foto (scattata da Pietro Masoero, noto pioniere della fotografia tra ‘800 e ‘900) sono chiaramente visibili gli elementi architettonici che chiudono l’ambiente dove si svolge l’episodio evangelico (Mt 27, 26-27; Mc 15, 15-16): uno scalino e due colonne secondo la consueta iconografia che ambienta la scena tra le colonne del Pretorio di Pilato o quelle del Tribunale.

E’ da osservare il caratteristico disporsi delle ferite sul corpo di Cristo e le non meno singolari colature di sangue sul pavimento in filiformi rivoli. L’attenta segnatura delle ferite potrebbe anche alludere alla manifestazione di un morbo e, quindi, assumere il significato di ex voto per l’esito favorevole di una malattia, oltre ad avere la funzione devozionale e di condivisione nei confronti della sofferenza di Cristo””.

Circa tre anni or sono, la Confraternita di Santa Caterina si è fatta promotrice del restauro dell’affresco,  con l’aiuto economico di importanti associazioni ed istituzioni cittadine ed i lavori sono stati conclusi nel settembre del 2015.

La fotografia  riportata nella presente scheda conferma l’avvenuto restauro.

 

 

[1] Il libro è stato realizzato da VERCELLIVIVA ed edito da Gallo Artigrafiche, novembre 2000